Prima di affrontare l’argomento, è bene sottolineare che il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, anche conosciuto come COVID-19, è un virus recente di cui conosciamo poche caratteristiche. L’assenza di informazioni dettagliate ci porta ad adottare un comportamento di massima cautela, volto a ridurre al minimo il rischio di infezione.
L’opuscolo informativo allegato all’articolo, redatto da Livio Mazzarella, professore Ordinario di Fisica Tecnica al Politecnico di Milano, nonché uno dei maggiori esperti in ambito termotecnico, contiene una guida sull’utilizzo dell’aria condizionata per fare maggiore chiarezza sul legame coronavirus e climatizzazione, che esamineremo in questo articolo.
È ormai risaputo che il virus vive solo nell’uomo e che sopravvive per un periodo limitato all’esterno. La fonte diretta di infezione, dunque, è proprio l’essere umano. Tutto il resto può essere solo un mezzo di trasporto tra una persona infetta e una sana, dipende dalle caratteristiche dell’ambiente in cui si viene a trovare. Quali possono essere i mezzi di trasporto? L’Istituto Superiore di Sanità riconosce queste principali vie di trasmissione: tramite le goccioline di fluidi o particelle organiche emesse parlando, tossendo o starnutendo che raggiungono direttamente bocca, occhi e naso di un’altra persona e attraverso il contatto diretto delle mani con il materiale infetto oppure tramite il contatto delle mani infette con le mucose sensibili. Un’altra via di trasmissione, possibile ma con rischi minori, è quella fecale-orale. L’OMS, per arginare questa possibilità, consiglia di utilizzare lo sciacquone dei sanitari solo dopo aver chiuso il coperchio, per evitare l’aerosol (ovvero la dispersione di micro-goccioline di liquido in aria) contenente cariche virali.
Una persona infetta possiede una carica virale, cioè l’emissione attraverso l’apparato respiratorio di un certo numero di virus, che viene dispersa nell’ambiente tramite tosse o starnuti, ma anche semplicemente parlando. Proprio per questa facilità di trasmissione è indispensabile tutelarsi, soprattutto quando si condivide con altre persone lo stesso ambiente.
L’introduzione di aria esterna priva di virus in un ambiente con una sorgente di cariche virali (nel caso ci fosse una persona infetta), comporta la diluizione della carica virale media nell’ambiente. Maggiore è la quantità di aria pulita introdotta, maggiore è diminuzione della carica virale. Ovviamente, se la persona infetta rimane nell’ambiente, non si potrà mai annullare completamente la carica virale media, ma la si potrà comunque diminuire di molto sotto la soglia minima per cui, se inalata da un soggetto sano, questo potrebbe non contrarre l’infezione.
Il problema è che ad oggi non si conosce il valore di soglia, cioè la dose infettiva. Questo rende impossibile determinare con certezza quale deve essere la quantità di aria di ventilazione che occorre introdurre nell’ambiente per garantire condizioni di sicurezza rispetto alla possibilità di infezione. È bene comunque attuare la massima ventilazione possibile, poiché è evidente che gli impianti di climatizzazione non sono una minaccia, bensì un’opportunità per migliorare le condizioni di sicurezza, sempre che gli apparecchi siano ben gestiti e manutenuti.
Il modo migliore per ridurre il rischio di contagio in un ambiente condiviso da più individui è la ventilazione, che può essere effettuata aprendo le finestre o tramite sistemi meccanici. Con il primo metodo non si ha la certezza di ottenere il risultato sperato, mentre utilizzando un impianto di ventilazione o un impianto di climatizzazione dotato di ventilazione è possibile aumentare le portate di aria esterna. Il vantaggio della ventilazione meccanica, solitamente utilizzata per la climatizzazione dei grandi spazi comuni come i supermercati, è quello di filtrare l’aria esterna immessa nell’ambiente, depurata da polveri, pollini, ecc.
Il consiglio che si può dare per ridurre il rischio di infezione è di impostare gli impianti con la maggior quantità d’aria esterna possibile. Se l’ambiente è più piccolo, come gli uffici sul posto di lavoro, le opzioni a disposizione sono diverse in base all’impianto di cui si dispone. Nel caso in cui l’impianto aspiri l’aria degli uffici, la faccia passare attraverso il filtro di ripresa e la misceli con l’aria ripresa dagli altri uffici e venga reimmessa in tutti gli ambienti, la soluzione ideale sarebbe quella di far funzionare gli impianti tenendo le finestre parzialmente aperte, così da consentire una minima diluizione della potenziale carica virale e far indossare a tutti le mascherine, anche quando ci si trova da soli nell’ufficio.
Il difficile, dunque, sta proprio nel pianificare le azioni di prevenzione più adatte alle diverse esigenze e realtà, soprattutto quando non è ancora ben chiaro il valore della dose infettiva del virus e qual è la carica virale emessa da una persona infetta dopo uno specifico episodio (tosse, conversazione, starnuto), dove si trova il soggetto infetto nello spazio chiuso rispetto agli altri, come è fatto l’impianto di climatizzazione, la sua manutenzione, ecc.
Di fronte a tanta incertezza è sempre meglio utilizzare gli impianti operando come consigliato dagli esperti, piuttosto che spegnerli e sottoporci ad altri rischi, e indossare sempre le mascherine negli spazi pubblici chiusi in cui non è garantito il ricambio d’aria con aria esterna in modo da tutelarsi al meglio dal rischio di contagio.
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